Palude salata alluvionale del Tigri e dell'Eufrate
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Le paludi della Mesopotamia, note anche come paludi dell'Iraq, sono una zona umida situata in Iraq meridionale, Iran sud-occidentale e, in parte, Kuwait settentrionale.[1][2][3][4][5][6] Si sviluppano prevalentemente nelle pianure alluvionali del Tigri e dell'Eufrate intorno alle città di Bassora, Nasiriyah e Amarah, nonché nelle aree limitrofe di Iran sud-occidentale e Kuwait settentrionale (soprattutto nell'isola di Būbiyān). In passato le paludi, ripartite nei settori separati ma adiacenti denominati paludi centrali, paludi di Hawizeh e paludi di Hammar, costituivano il più esteso ecosistema di zone umide dell'Eurasia occidentale. In questa peculiare regione vive ancora oggi il popolo degli arabi delle paludi, che ha sviluppato una cultura in stretta connessione con l'ambiente naturale, incentrata sulla raccolta di canne e riso, la pesca e l'allevamento di bufali.[7][8][9]
Palude salata alluvionale del Tigri e dell'Eufrate Tigris-Euphrates alluvial salt marsh | |
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Le paludi di Chibaish | |
Ecozona | Paleartica (PA) |
Bioma | Praterie e savane inondabili |
Codice WWF | PA0904 |
Superficie | 35 600 km² |
Conservazione | In pericolo critico |
Stati | Iran Iraq |
Cartina dell'ecoregione | |
Scheda WWF |
La bonifica di parte delle paludi ebbe inizio negli anni '50 e continuò negli anni '70 per destinare terreni all'agricoltura e agli impianti di estrazione petrolifera. Alla fine degli anni '80 e '90, durante la presidenza di Saddam Hussein, il processo di bonifica subì un'accelerazione, allo scopo di sfrattare gli abitanti delle paludi dalla zona.[10] Nel 2003, la superficie delle paludi era ormai stata ridotta al 10% di quella originaria.[11] Dopo il rovesciamento di Hussein da parte degli americani, nel 2003, le paludi riconquistarono parte della superficie originaria, ma poi la siccità e la costruzione di dighe a monte in Turchia, Siria e Iran hanno ostacolato il processo di ripresa.[12] Nel 2016 le paludi della Mesopotamia sono state inserite nell'elenco dei patrimoni dell'UNESCO.[13]