La crisi costituzionale russa del 1993 fu una battaglia politica fra il presidente Boris El'cin e il Soviet Supremo della Federazione Russa. Venne risolta con l'intervento delle forze armate che causò, all'incirca, tra i 200 e gli 800 morti, e l'insediamento di Boris El'cin come presidente della Federazione Russa.
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In quell'anno le relazioni fra il presidente e il parlamento diventarono sempre più gravi e peggioravano la stabilità sociale ed economica della popolazione. Questa crisi raggiunse l'apice il 21 settembre 1993, quando El'cin decise di sciogliere le due camere del parlamento, ossia il Congresso dei deputati del popolo e il suo Soviet Supremo,[3][4] sebbene egli fosse privo di tale potere secondo la costituzione allora vigente.[5] El'cin utilizzò i risultati del referendum dell'aprile 1993 per giustificare le proprie azioni e, in risposta, il parlamento dichiarò invalida e non attuabile la decisione del presidente. A seguito di questi eventi il presidente Boris El'cin venne messo in stato di accusa.