Esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane
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L'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane è stato argomento dibattuto nella storia d'Italia. Ad oggi è previsto dall'art. 118 del Regio decreto 30 aprile 1924, n. 965[1] e dal Regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297. Entrambe le disposizioni sono relative agli elementi di arredo delle aule scolastiche e di altri ambienti pubblici e devono ritenersi ancora in vigore in quanto non abrogate.[2] L'esposizione nelle aule giudiziarie è oggetto di un'apposita circolare del 1926 che impone l'esposizione del simbolo di fianco a ritratto del re.[3] La questione è divenuta fonte di vivaci polemiche tra i favorevoli all'esposizione del crocifisso poiché considerato un simbolo culturale e chi, abbracciando una rigorosa interpretazione del principio di laicità dello Stato italiano, si oppone a tale pratica.
La normativa relativa all'imposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia trova una prima (indiretta) indicazione nella legge Casati del 1859 sull'importanza della religione cattolica nelle scuole del Regno di Sardegna. Le normative citate dalla giurisprudenza sono contenute in due regi decreti del 1924 e 1928, mai abrogati, relativi rispettivamente alle scuole elementari e medie, sugli arredi scolastici delle aule, dove il crocifisso figura insieme con il ritratto del re d'Italia (con la repubblica, aggiornato con il ritratto del presidente, che comunque non viene esposto quasi mai nelle singole aule). Non ci sono chiare indicazioni normative per le scuole materne, superiori ed università.
Chi si oppone all'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche come detto contesta la violazione del principio di laicità professato dallo Stato italiano. I tribunali civili però si sono spesso detti non competenti a giudicare in materia: poiché le indicazioni del ministero non sono vere e proprie leggi civili, ma provvedimenti amministrativi interni alla scuola, la competenza spetta ai vari TAR. Il Consiglio di Stato, di grado superiore ai vari TAR nazionali e supremo organo di consulenza amministrativa, si è pronunciato a favore della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche con un parere del 1988 e uno del 2006.
La Corte europea per i diritti dell'uomo il 3 novembre 2009[4] con la sentenza del caso Lautsi stabilì in 1º grado di giudizio che il crocifisso nelle aule è "una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione", imponendo all'Italia un risarcimento di 5.000 euro per danni morali. Tale sentenza è stata poi ribaltata in 2º grado il 18 marzo 2011, quando la Grand Chambre, con 15 voti a favore e due contrari, ha assolto l'Italia accettando la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.[5]
Una sentenza di Cassazione del 2021 ha stabilito infine che l'esposizione non è obbligatoria ma nemmeno discriminatoria, che non può essere imposta, però deve essere decisa in autonomia dalla scuola in questione, con un dialogo e un accordo tra le parti coinvolte in un'eventuale disputa, seguendo e rispettando le diverse sensibilità.[6]