Incidente del 26 febbraio
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L'incidente del 26 febbraio (二月二十六日の事故?, Nigatsu nijuurokuni no jiko, conosciuto anche come incidente 2-26) fu un tentativo di colpo di Stato militare effettuato il 26 febbraio 1936 nell'Impero giapponese. La ribellione (下克上 ?, gekokujō, "insubordinazione") fu organizzata da un gruppo di giovani ufficiali inferiori dell'Esercito imperiale giapponese con l'obiettivo di rimuovere dal governo e dalla dirigenza militare i capi delle fazioni rivali e gli oppositori ideologici alle loro istanze di rinnovamento politico-sociale e imperialismo aggressivo.
Incidente del 26 febbraio | |||
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Il tenente Yasuhide Kurihara guida un gruppo di ribelli durante l'insurrezione | |||
Data | 26-29 febbraio 1936 | ||
Luogo | Tokyo | ||
Causa | Tentativo di imporre con la forza un cambio di governo favorevole agli esponenti della fazione dell'Esercito imperiale Kōdōha | ||
Esito | Fallimento dell'insurrezione; perdita di potere della fazione Kōdō-ha; crescita dell'influenza dei militari sul governo civile | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
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Effettivi | |||
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I ribelli, costituiti da reparti della famosa Prima Divisione "Gemma", riuscirono a uccidere una serie di personalità politico-militari di massimo rilievo, tra cui due ex-primi ministri del Giappone, e occuparono l'area governativa al centro di Tokyo, ma non riuscirono ad assassinare il Primo ministro in carica Okada Keisuke né a prendere il controllo del Palazzo imperiale. I loro sostenitori all'interno dell'Esercito imperiale cercarono di sfruttare per i propri scopi la ribellione dei giovani ufficiali, ma le divisioni presenti tra le varie fazioni militari e l'ostilità dell'imperatore Hirohito impedirono ai ribelli di ottenere un cambiamento di governo. Di fronte alla preponderante superiorità delle truppe fedeli al regime, i ribelli si arresero dopo trattative il 29 febbraio 1936 senza ulteriori spargimenti di sangue.
A differenza dai precedenti casi di violenza politica da parte di giovani ufficiali, il tentativo di colpo di Stato, passato alla storia eufemisticamente come "incidente del 26 febbraio", ebbe importanti conseguenze. Dopo una serie di processi a porte chiuse, 19 dei principali capi della rivolta furono condannati a morte per ammutinamento e fucilati, mentre altri 40 furono imprigionati. La fazione radicale Kōdōha perse la sua influenza all'interno dell'Esercito imperiale, il periodo degli assassini politici giunse al termine, mentre i militari accrebbero il loro controllo sul governo civile.