Suicidio in Giappone
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Il suicidio in Giappone, data l'alta incidenza tra la popolazione (16,7 ogni 100 000 persone nel 2017),[1] è considerato uno dei maggiori problemi del Paese.[2][3] Secondo uno studio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico del 2017, il Giappone è al settimo posto per i tassi di suicidio, con circa 15 ogni 100.000, e nel 2019 è classificato in scala globale come il secondo paese con il tasso di suicidio più alto tra i paesi del G7, dietro solo agli Stati Uniti, seppure dietro altri Stati sviluppati, al 49º posto, compresi gli Stati Uniti stessi, classificati invece al 31º posto.
Tra le maggiori cause che spingono i giapponesi a togliersi la vita così frequentemente sono state individuate i problemi economici conseguenti alla Crisi finanziaria asiatica del 1997, la depressione e problemi sociali di varia natura. Infatti, il Giappone fu uno degli Stati a risentirne di più a giudicare dai suicidi: in solo un anno, i tassi di suicidio impennarono di un terzo, superando i 30.000, e raggiunsero l'apice nel 2003, con più di 34.000 morti.[4][5] Il 70% dei suicidi in territorio nipponico sono uomini, e il suicidio è la prima causa di morte nelle persone tra gli uomini tra i 20 e 45 anni e le donne fino ai 35 anni, con picchi tra i giovani al di sotto dei 25 anni, sia maschi che femmine.
Nel 2011 il numero dei suicidi ha superato per il 14º anno consecutivo la soglia dei 30 000,[6] scendendo sotto questa soglia per la prima volta in quindici anni solo nel 2012.[7] Da allora il numero dei suicidi è in costante calo,[1] grazie anche all'intervento del governo che ha iniziato a investire in opere di prevenzione a partire dalla seconda metà degli anni duemila,[7] e nel 2019, il numero di suicidi annuali è sceso sotto i 20.000 dopo diversi anni.
Tra i luoghi più frequentati per i suicidi è stata indicata la foresta Aokigahara, ai piedi del Fuji, la quale registra una media di 30 morti l'anno e 78 solo nel 2007.[8]